"Nobody expects the Spanish Inquisition!"

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Camilla, Daniele, Cecilia

sabato 12 luglio 2008

Andiamo sull'interculturale italiano

Click, ecco come sono fatti gli italiani
Oliviero Toscani a Viareggio fotografa la gente. Alla ricerca della razza.

C´è Raffaello che fa il barbiere, ha gli occhi che ridono e indossa una camicia a fiori sopra costume e ciabatte. Ci sono Paola e la sua bambina Irene, entrambe snelle e vestite alla moda, che lasciano le biciclette in strada e si abbracciano davanti all´obiettivo. C´è Mourad, accento viareggino e pelle color caffellatte, che è arrivato dalla Tunisia nell´87, ha trovato un lavoro, si è sposato e ha fatto due figli. Sono loro i nuovi italiani, quella «Razza umana/Italia» che Oliviero Toscani e la sua équipe stanno cercando di ricostruire volto dopo volto, voce dopo voce, città dopo città, per poi raccontarla in un libro, un progetto su web e una mostra itinerante.

Ieri è stato il turno di Viareggio, in piazza Mazzini, dove il camioncino di «Razza umana/Italia» ha stazionato dalle nove di mattina alle sette di sera. Toscani e i suoi cinque giovani collaboratori del laboratorio della Sterpaia hanno intercettato viareggini e turisti, tutti italiani o residenti in Italia da diversi anni, chiedendo loro di fermarsi per qualche istante e raccontarsi attraverso uno scatto fotografico e poche, semplici domande («parlaci delle donne della tua vita», «come si chiama la tua compagna di banco?», «qual è il tuo sogno di felicità?»). Un paesaggio umano che piano piano ha preso forma attraverso sopracciglia folte e ciabatte sporche di sabbia, accenti toscani, bergamaschi e romeni, pance abbronzate e tacchi a spillo, biciclette cariche di fiori e moto d´epoca, occhiali da sole che ci si rifiuta di tenere addosso o che si vogliono indossare per forza. «Raccontare l´italianità e i suoi cambiamenti è possibile soltanto attraverso la comprensione dell´unicità, delle diversità», chiarisce Toscani, che non ha paura a parlare di «razza» perché «anche oggi, nel 2008, non siamo ancora civili, ancora non capiamo che la differenza è fondamentale, ancora succedono cose orribili come prendere le impronte digitali ai bambini rom».
Ma come ci si sente ad essere fermati per strada, un giorno qualunque, ed essere chiamati a rappresentare, anche se solo per pochi istanti, una razza, una popolazione, un Paese? «E´ stato bello, bellissimo: perché siamo persone normali e non vip, non veniamo intervistati mai eppure abbiamo lo stesso tante cose da dire», racconta Raffaello, entusiasta. «Io sono contento, perché sono italianissimo, lavoro qui da tanto tempo, e no, gli italiani non sono razzisti, semplicemente vogliono che si rispettino le regole, e in questo senso allora sono razzista anch´io», dice invece Mourad. Gli italiani vecchi e quelli nuovi, quelli che si vantano di esserlo «al cento per cento», come la coppia di giovani fidanzati che indossano abiti di tendenza e si baciano appassionati, ma anche quelli che lo sono da poco o forse ancora non lo sono, come i due ragazzi romeni che lavorano dall´altra parte della strada e mostrano corpi forti e abbronzati da operai. Italiani, come i detenuti del carcere di Volterra, dove è prevista la prossima tappa di «Razza umana/Italia» (il 15), per poi proseguire in Sardegna (il 20) e da lì nel resto della penisola.

(da La Repubblica, Firenze, 11 luglio 2008)


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